La mia storia è iniziata con la militanza sindacale. Sono stata responsabile donne della CISL a livello nazionale, e le problematiche del lavoro sono al centro del mio interesse da sempre. Perché il lavoro non è solo la base materiale della nostra esistenza, ma è una parte preponderante della vita umana che ci definisce e costruisce come persone e come comunità.
Oggi il mercato del lavoro italiano è toccato da iniquità, inefficienze e arretratezze inaccettabili, e le riforme da attuare sono tante e radicali.
Introdurre un salario minimo, che garantisca a tutti i lavoratori il diritto di una retribuzione dignitosa, è la prima urgenza. Ma con altrettanta tempestività, è necessario mettere mano a dispositivi che assicurino più diritti ed equità nelle contrattazioni, e che contrastino il fenomeno dei contratti-pirata.
Va combattuta la precarietà prendendo con decisione la strada di una flessibilità regolamentata e realmente vigilata. Eliminando inoltre i “mini contratti” che trasformano in una giungla insidiosa il mercato dei lavori brevi.
Va supportato il mercato del lavoro, attraverso un piano straordinario per la semplificazione che riduca la burocrazia e le procedure inutili, autentico “male profondo” del nostro Paese.
Serve una legge sulla parità salariale tra uomini e donne.
In un mondo che cambia rapidamente, bisogna predisporre strumenti per la tutela delle nuove forme di lavoro sulle piattaforme digitali.
E bisogna rafforzare gli ammortizzatori sociali espansivi.
Un tema decisivo, benché troppo spesso lasciato ai margini del dibattito pubblico, è quello della riqualificazione della forza lavoro. Perché aumentare le competenze dei lavoratori significa renderli più forti e competivi. In questo senso anche il Reddito di Cittadinanza, uno strumento che ha già mostrato tutti i suoi limiti come leva di reinserimento lavorativo, va ripensato affinché diventi una reale e potente occasione di formazione dei lavoratori, in un’ottica di incontro tra costruzione di nuove competenze e analisi delle richieste del mercato.
Ma sono soprattutto i giovani che oggi vanno riportati al centro dell’attenzione, dopo essere stati troppo a lungo marginalizzati e ignorati dalle politiche del lavoro.
L’Italia già prima della pandemia soffriva di un elevato tasso di disoccupazione giovanile, un alto numero di “neet” o di ragazze e ragazzi sottopagati al primo impiego, e di cervelli in fuga.
Bisogna concentrarsi su istruzione e formazione all’imprenditorialità, su nuovi strumenti di agevolazione dell’imprenditorialità giovanile, e predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia.
Innovazioni vanno introdotte nel sistema dell’istruzione e della formazione, ad ogni livello, per promuovere una nuova “cultura digitale”, per rafforzare gli istituti tecnici superiori, per il riassetto complessivo dei vari istituti connessi alla formazione e riqualificazione professionale
Dobbiamo definire e approvare un grande piano industriale di investimenti in digitale e di transizione in economia verde al quale sia connesso, quale parte essenziale e integrante, un piano per la formazione e la valorizzazione delle competenze dei giovani e l’occupazione giovanile.
Non si può pensare di cambiare questo Paese senza mettere il Lavoro al centro dell’agenda politica. Da qui si parte per costruire il presente e il futuro delle nostre vite.
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