Annamaria Parente - “Per un welfare aziendale sociale”: il mio contributo per Il Cloud del Lavoro 2023-24
29-06-2023

“Per un welfare aziendale sociale”: il mio contributo per Il Cloud del Lavoro 2023-24

Complimenti a Assolavoro per la pubblicazione di “Il Cloud del Lavoro 2023/2024 “.

Il Cloud del Lavoro è un’iniziativa preziosa, una pubblicazione annuale che offre una bussola aggiornata per orientarsi nel del mondo complesso e in continuo cambiamento del lavoro. Qui la presentazione del volume e la lista di tutti gli autori che vi hanno contribuito.

Per questa edizione mi è stato chiesto di redarre un contributo sul tema del Welfare aziendale. Lo riporto di seguito.

 

 

 

PER UN «WELFARE AZIENDALE SOCIALE»

di Anna Maria Parente

 

Il welfare aziendale è l’insieme delle erogazioni, delle prestazioni e dei servizi che un’azienda riconosce alle dipendenti e ai dipendenti per migliorarne la vita privata, quella lavorativa e la conciliazione del lavoro con la famiglia e il tempo libero. Si contribuisce così al benessere aziendale, al contenimento del costo del lavoro, al rafforzamento della retribuzione complementare, all’uso della leva fiscale a fini sociali, all’aumento della produttività.

Tutti questi obiettivi avevamo in mente noi legislatori quando nel 2016, con la legge di bilancio del governo Renzi, apportammo importanti modifiche legislative per «incoraggiare» il welfare aziendale.

Le nuove norme, infatti, disponevano: il superamento dell’aspetto della sola volontarietà ai fini della detassazione dei benefit per i dipendenti (arti. 51 del Tuir comma 2, lettera f). Se, in precedenza, infatti l’esenzione dall’Irpef per tutti quei servizi offerti ai dipendenti come asili nido e buoni pasto era prevista solo su base di un atto volontario del datore di lavoro, dal 2016 in poi la stessa esenzione è applicabile per servizi previsti da contratti e regolamenti aziendali; l’estensione dei benefici goduti sia dai dipendenti che dai familiari indicati all’art. 12 del Tuir (lettera f-bis) a servizi educativi e d’istruzione anche nell’età prescolare (compresi i servizi di mensa) centri estivi o invernali e ludoteche (a fini didattici); l’introduzione (lettera f-ter) dell’esenzione Irpef anche per servizi e prestazioni assistenziali nei confronti di familiari anziani o non autosufficienti. Inoltre, nell’ambito di un eventuale accordo sindacale, il lavoratore ha la facoltà di decidere se ricevere, tutto o in parte, il premio di produttività in cash (e quindi con una tassazione del 10%) oppure in welfare (totalmente esente da tasse). Infine, si è stabilito che non è necessario che l’azienda fornisca servizi diretti, ma può ricorrere a voucher da spendere presso fornitori di servizi accreditati (per esempio asili nido o servizi di assistenza agli anziani).

La legge di bilancio 2017 ha confermato e rafforzato questa impostazione. Diverse, come sappiamo, la regolamentazione e la normativa dei fringe benefit che fanno parte della macrocategoria dei compensi in natura, cioè quella parte di retribuzione ordinaria che non è corrisposta dal datore in denaro in busta paga bensì attraverso l’erogazione di beni e servizi che vanno comunque nel cedolino.

Naturalmente esiste una soglia massima di defiscalizzazione per i fringe benefit che negli ultimi anni è passata dai 258,23 a 600 fino ai 3 mila euro nel dl aiuti quater, per poi tornare a 258,23 con la prima legge di bilancio del governo Meloni.

L’aumento dei fringe benefit nasce con il decreto Aiuti Bis che prevedeva la possibilità di utilizzare i fringe benefit per il rimborso delle utenze domestiche di acqua, luce e gas. L’incremento della soglia a 3.000 euro nel decreto Aiuti Quater, solo per il 2022, sempre legato all’emergenza energetica, ha poi estremizzato il tutto. È naturalmente comprensibile l’intento di aiutare lavoratori e lavoratrici per l’inaspettato «caro bollette» ma vanno rilanciati, a mio avviso, lo spirito e gli obiettivi del welfare aziendale, come misura sociale e non solo economica.

Del resto, è lo stesso articolo 100 del Tuir che stabilisce agevolazioni fiscali «per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto». Inoltre, la differenza tra elargizione di fringe benefit da parte del datore di lavoro, unilaterale e individuale anche per un singolo lavoratore, senza necessità di contrattazione, e il welfare aziendale risiede nel carattere «collettivo» di quest’ultimo quando la norma, sempre alla lettera f del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir, sottopone l’esenzione fiscale a servizi «offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e familiari».

L’intero argomento si pone quindi nel più vasto ambito del rinnovamento generale del welfare pubblico e della sua sostenibilità. Da qui la necessità di individuare un sistema che possa integrare quello pubblico, andando verso un modello di welfare pubblico-locale in sinergia con i soggetti privati.

D’altro canto, i cambiamenti sociali, l’occupazione femminile, l’invecchiamento della popolazione, i cambiamenti dei desideri e dei bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori più giovani impongono una differenziazione delle risposte di welfare che una contrattazione aziendale tra le parti può contribuire grandemente a rafforzare. Piani di welfare aziendali che possono comprendere dall’assistenza sanitaria alla palestra, dalla previdenza complementare ai servizi per anziani, dal cinema e il teatro agli asili nido, devono necessariamente estendersi a livello territoriale. Sono molto interessanti le esperienze di welfare «a filiera corta» come le definisce il «quinto rapporto del secondo welfare», ma sono ancora troppo poco diffuse e in maggioranza al Nord.

Al contrario bisognerebbe promuovere quelle forme di welfare aziendale fortemente aperte al territorio, con protagonisti anche gli enti locali e la partecipazione del Terzo settore per sperimentare forme integrative di welfare di prossimità pubblico/privato.

Un’idea che si può realizzare attraverso diversi strumenti: dalla contrattazione collettiva interaziendale al contratto di rete, dalla bilateralità alla contrattazione territoriale, alla co-progettazione e co-gestione di servizi territoriali.

In definitiva le parti sociali hanno un’occasione unica per essere protagonisti, attraverso anche la leva fiscale, di una nuova stagione di innovazione sociale, di relazioni industriali mature attraverso la contrattazione decentrata e territoriale e di rafforzamento della remunerazione per le lavoratrici e i lavoratori. La legge di bilancio del 2016 ha aperto strade importanti, da allora molte sono le esperienze realizzate, ora bisogna crederci.

Differente è ovviamente la situazione del welfare aziendale nel pubblico impiego, soprattutto per la diversità di trattamento economico dei lavoratori pubblici. Tanto è vero che nel settore pubblico si è sviluppato di più un welfare organizzativo, come flessibilità oraria, misure di conciliazione vita-lavoro e programmi di smart working, in parte incentivati anche dalla pandemia da Covid-19.

Ciò nonostante, è possibile sviluppare una forma di welfare aziendale nel pubblico impiego tramite accordi sindacali, così come sta già avvenendo soprattutto dopo la svolta della legge finanziaria del 2018.

In questa dimensione stanno aumentando, pure se disomogenei e a macchia di leopardo, modelli di welfare integrativo molto simili al welfare aziendale del settore privato. Tramite accordi si sono introdotte prestazioni di welfare quali: borse di studi, contributi per attività culturali, ricreative, con finalità sociali; agevolazioni per prestiti e mutui edilizi, polizze sanitarie integrative, stipula di convenzioni per asili nido, scuole per l’infanzia, servizi di supporto alla famiglia.

Un ulteriore slancio è stato dato dalla legge di bilancio del 2021 con il «Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e della coesione sociale» sottoscritto tra i sindacati e il Presidente del Consiglio, Mario Draghi e il Ministro per la Pubblica Amministrazione. Sindacati e governo sono stati concordi nel sottolineare l’esigenza di sviluppare forme di welfare contrattuale nel pubblico impiego con particolare attenzione al sostegno alla genitorialità, estendendo anche a questo settore le agevolazioni previste nel privato, alla previdenza complementare e a sistemi di premialità unitamente a un rinnovato incentivo al lavoro agile.

In definitiva la materia di un «welfare aziendale sociale» è in continua evoluzione ed è un’opportunità unica di ammodernamento del Paese e di risposta a bisogni reali.

 

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